Descrizione
Gli orecchini in bronzo sono stati prototipati a mano con fili e lastre in cera e cera plastica a gocce. I fili in cera, modellati con l’aiuto della fiamma della spiritiera e degli specilli, sono stati modellati per creare una struttura, consolidata poi con la cera a gocce per formare i corpi. Tramite un processo di microfusione gli orecchini sono stati portati da cera a bronzo e rifiniti con frese e carte abrasive (dalla 250 alla 2000). Poi sono stati realizzati i trapezi in argento ai quali i trapezisti si reggono, schiacciando un filo e saldandolo sul semilavorato triangolare d’argento (dove c’è il perno da inserire al lobo); sono stati, quindi, messi in acido per togliere le impurità. Nel frattempo i corpi, le braccia e le gambe dei trapezisti sono stati forati e vi è stato fatto passare un filo d’argento in mezzo, in modo da unirli tra loro e bloccare il tutto. E’ stato poi fatto passare un altro filo dentro a ciascun trapezio d’argento e, una volta inseriti anche i corpi assemblati, il filo è stato chiuso da una rivettatura ai lati. E’ stato rifinito il tutto con lime, frese, carte abrasive (dalla grana più grossa alla più fine) e gommini (per togliere eventuali impurità). Gli orecchini, poi, sono stati portati a lucidare, prima con la spazzola in crine e la pasta gialla (a velocità minima per togliere gli ultimi graffi rimasti e a velocità massima per rifinire il tutto) ed in seguito con la spazzola in cotone morbido ed il rossetto (sia a velocità minima che a velocità massima). Una volta lucidati sono stati lavati con acqua calda e sapone per gioielli (nell’ultrasuoni, macchinario che con scariche di ultrasuoni lava accuratamente l’oggetto) e fatti asciugare ricoprendoli con della sabbia specifica. Per concludere è stato applicato lo smalto blu sulle tute dei trapezisti e lasciato asciugare.
Orecchini in bronzo e argento ispirati dai trapezisti del circo
Gli orecchini in bronzo e argento della collezione Microsculture rappresentano due trapezisti, uno nell’atto di lanciarsi nel vuoto (l’agile) e l’altro, agganciato con le gambe a testa in giù, pronto ad afferrarlo (il porteur). Prima di essere tramutati in realtà tangibile essi hanno dimorato per molti anni, sotto forma di bozze ed in buona compagnia, nel cassetto “Farò!” e realizzarli e vederli rifiniti è prima di tutto un piacere mio! Questi acrobati dell’aria simboleggiano un equilibrio fatto di rigore, follia, sensibilità, grazia e notevoli capacità psicofisiche.
L’arte del trapezio è piuttosto recente. Prima dell’800 e quindi dell’avvento dei circhi stabili, esistevano solo numeri su “corda volante”, che consistevano in una serie di figure ginniche semplici o contorsioni su una fune attaccata alle due estremità ad un’altezza relativa. Fu solo con l’atleta ventunenne, Jules Leotard che la storia del trapezio ebbe inizio, tant’è che ancor oggi il suo nome si usa per designare un tipo di tuta aderente usata dagli acrobati. Tutto ebbe inizio quando il padre di Leotard piazzò, nella sua palestra dei nuovi attrezzi detti trapezi. Jules imparò presto a volare da un trapezio all’altro, finché venne notato e scritturato da un circo. Il suo successo fu enorme ed immediato: lavorava senza porteur ma solo con tre trapezi dai quali oscillava, si lanciava e riafferava alternativamente. Alla fine dell’800 la grande conquista di tutto il mondo circense era quella di librarsi nel vuoto, gli specialisti in materia aumentarono e l’arte del trapezio si diffuse non poco.
Il trapezio non è solo altezza, esso è anche coraggio, allenamento, fiducia reciproca, coordinazione e passione. Questi angeli che volteggiano nell’aria, senza ali e senza rete sono muscoli e grazia, ragione e passione, forza ed eleganza.
